La vita moderna è un mare di immagini. Siamo inondati di immagini luminose e di miriadi di testi che ci balenano davanti agli occhi da ogni dove. Sottoposto a un eccesso di stimoli, il cervello deve adattarsi velocemente a elaborare questo vorticoso fuoco di fila di dati disconnessi. Nel mondo sviluppato la cultura è oggi in larga parte definita dal dilagare dei mass media e dei dispositivi elettronici personali che monitoriamo ossessivamente.
L’inebriante espansione della comunicazione globale istantanea ha liberato una folla di voci individuali, ma minaccia paradossalmente di sopraffare l’individualità
stessa. Come sopravvivere in questa epoca di vertigine? Dobbiamo reimparare a guardare.
Soprattutto i bambini meritano tutela dalla fiumana torrenziale di immagini sfarfallanti, che li rendono dipendenti da distrazioni seduttive e fanno sembrare futile e noiosa la realtà sociale con i suoi doveri e le sue preoccupazioni morali. L’unico modo per insegnare ai bambini a trovare quel centro è proporre allo sguardo occasioni di solida percezione, e quelle migliori le offre la contemplazione artistica.
Per guardare l’arte occorre quiete e ricettività, che resettano i nostri sensi e generano una magica tranquillità. (1)

Questa è la prima mostra di Noema Gallery e come tutte le prime volte abbiamo cercato di presentarci al meglio, di esporre tutti gli artisti che rappresentiamo in un evento corale di stima e crescita reciproca con l’intento di descrivere il più compiutamente possibile attraverso le immagini il pensiero che lega il progetto della galleria.
La fotografia artistica è un’attività solitaria, il fotografo generalmente è schivo, parla attraverso il proprio lavoro, non ama molto definirsi a parole, è lento, meditativo, osservatore. E’ in antitesi al fotografo di reportage o a quello sportivo, per cui la rapidità è la prima caratteristica da avere.
La mostra Feed Your Eyes cerca di evidenziare la lentezza e la sua nuova necessità di esistere come valore alternativo alla rapidità che invece il XXI° secolo ci chiede in continuazione, forse legandolo erroneamente all’idea di produzione.
Abbiamo utilizzato il pensiero di Camille Paglia perché ci è sembrato pertinente ed illuminante riguardo il significato che noi vogliamo dare a questo lavoro collettivo. I nostri fotografi hanno tutti una matrice comune: l’essere europei.
Sono legati da costruzioni culturali simili anche se in alcuni casi vengono da molto lontano, si potrebbe pensare che uno statunitense sia a noi più vicino di un ungherese o di un russo, in
realtà se andiamo a Bari nella cattedrale di San Nicola scopriamo che la parte orientale dell’Europa non solo è molto vicina a noi ma in parte vi è dentro. Così il nostro primo criterio di scelta è stata la nazionalità, abbiamo scelto autori (2) apparentemente differenti ma che secondo noi hanno caratteristiche culturali che li accomunano e tutti hanno una precisa attitudine: la lentezza. Più o meno velatamente la coltivano tutti.
I lavori che presentiamo sono l’elogio della lentezza, ovviamente andrebbero letti per intero nel contesto di ogni singolo progetto, cosa che vi invito a fare privatamente cercando nei siti
degli autori e nel sito di Noema Gallery, ma anche in una condizione così sintetica come quella proposta credo sia possibile rintracciare in ogni fotografo la voglia di non correre per rubare l’attimo ma viceversa il desiderio di progettare l’immagine, o la serie di immagini, con grande attenzione prima di decidere il momento dello scatto, utilizzando la fotografia come testo in luogo della scrittura.
Siamo in un territorio molto diverso dalla fotografia di moda, dal fotogiornalismo, dalla fotografia sportiva; qui il senso estetico chiede un grado di attenzione maggiore, non ha la stessa evidenza ed estetica di una modella o di un’automobile di formula uno, non vuole essere letta singolarmente ma esige di far parte di un contesto.
E’ di questi giorni la vittoria dell’Oscar al film “La grande bellezza”, ecco credo che questa nostra prima mostra chieda a noi ed ai suoi visitatori di ricalibrare i propri concetti di bellezza, di farci uscire dagli stereotipi televisivi per un ritorno alla costruzione ed alla creazione del bello che è la cifra di riconoscimento dell’essere italiani, forse è l’unico reale collante che ci fa sentire Nazione ancor più della lingua che si sa è in continuo mutamento.
La ridefinizione di tanti “bello” e non di un unico modo prevalente di concepirlo assunto da un’omologazione imperante che amalgama tutto in una sorta di melassa collettiva che esclude ogni diversità.
Quando la fondatrice di Noema Gallery (Maria Cristina de Zuccato) mi ha sottoposto il progetto, l’ho trovato pertinente ed importante sia per il periodo storico che viviamo sia per la presentazione della galleria e del contributo che essa vuole portare nel mondo della fotografia italiana.
A Maria Cristina va il mio ringraziamento per avere avuto il coraggio di avviare un progetto così ambizioso in un periodo in cui le iniziative si chiudono e non si aprono, mentre a voi che leggete va il mio invito a nutrire il vostro sguardo prendendovi del tempo, perché è l’unica vera ricchezza che abbiamo.

© Milano, 11 marzo 2014 | Aldo Sardoni
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(1) Camille Paglia, Seducenti immagini – un viaggio nell’arte dall’Egitto a Star Wars – Il Mulino, Bologna, 2013

(2) Se seguo Nietzsche nell’affermazione che l’arte è la vera attività metafisica di questa vita, allora preferisco parlare di autori anziché di artisti, perché i primi non cominciano un lavoro con l’intento di condurci al di là dell’aspetto fisico della vita ma, al contrario cercano in essa nuovi elementi di riflessione proponendoci ragionamenti, considerazioni e punti di vista trovati nella vita reale, spesso nascosti ma non per questo meno veri. Se il loro lavoro, successivamente, porterà poi oltre la parte fisica della vita allora il sostantivo artista sarà più pertinente.

PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA FEED YOUR EYES
11|29 marzo 2014
NOEMA GALLERY | Via Solferino ang. Castelfidardo Milano

© 2014 Aldo Sardoni – RIPRODUZIONE RISERVATA