Seguendo il pensiero di Arturo Carlo Quintavalle, di Gillo Dorfles e di molti altri, si fa strada in me il dubbio sulla reale necessità dell’edizione limitata di una fotografia.
Forse per Limited edition si dovrebbe intendere lo scatto.
Esso crea ciò che prima non c’era e quindi è un pezzo unico, esattamente come la scrittura di un libro che prima di essere scritto non c’era e poi viene stampato per chi vuole acquistarlo.
Il termine corretto forse potrebbe essere Only edition intendendo per essa lo scatto, che poi venga replicato infinite volte o una volta potrebbe avere poco conto, anche perché è noto che ogni stampa del medesimo file è sempre diversa perché influenzata da numerosi fattori esterni.
La fotografia crea ciò che in realtà non esiste, è fortemente irreale.
Niente è più irreale di una fotografia.
Forse questa è la vera garanzia di autenticità, assieme alla riconoscibilità del fotografo che si manifesta attraversa il suo stile, il suo linguaggio o come si preferisce dire oggi la sua cifra stilistica.
Così l’unicità diventa ancora più definita e circoscritta, ben più del limite numerico di una stampa.
Vanessa Beecroft ha sempre ragionato in questi termini e non mi sembra che le sia andata male.

© 20.05.2013 | Aldo Sardoni
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